PAOLO BERNABINI
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Dalla teorizzazione di Marc Augè sui cosiddetti non luoghi, cioè quei contenitori di persone di passaggio come possono essere le stazioni, gli aeroporti, le strade, i luoghi di villeggiatura, in cui la società di massa è organizzata, durante gli anni novanta numerosi artisti ne hanno proposto una loro versione. Sia la pittura che al fotografia sono andate ad indagare con freddezza voluta e calcolata questi spazi in cui ogni senso viene sospeso. Ma certamente lo sguardo di Medusa dell’obiettivo fotografico ha saputo rendere al meglio i riti delle società di massa, l’artificialità di questo stare insieme come un’ennesima community legata dall’occasionalità del momento o dall’obbligatorietà ad esserci e parteciparvi. Paolo Bernabini ha avuto l’intuizione nel 1999 di andare a fotografare gli spettatori (o si dovrebbe chiamarli visitatori?) del parco di divertimenti di Mirabilandia, tra Ravenna e Cervia. E’ venuto fuori non solo un campionario inesauribile di tipologie umane, ma anche una ricognizione sul pubblico medio che frequenta questi non luoghi. Di fronte all’artificio del divertimento, le espressioni di gioia, paura, emozione sono completamente automatiche. Gli sguardi sono quelli degli eterni bambini di una società che ha bisogno di spettatori e non protagonisti. Le ultime serie dedicate alle spiaggia romagnole sottolineano l’irrealtà di questa realtà così comune. Il rituale del passeggio sul bagnasciuga, gli sguardi protesi verso il mare alla ricerca di qualcosa che non può essere li, l’abbigliamento giovanilistico e umiliante di anziani costretti dalle mode a rivelarsi per quello che non sono. Sono queste le caratteristiche che il fotografo coglie con intelligenza, restituendo una realtà che supera ogni peggiore fantasia.

Valerio Dehò 

 
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